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Intervista a Path

Chiacchierata con Path, cantautore romano appena uscito col suo quarto lavoro “Mono/Stereo”

Attivissimo prima con gli Automatica Aggregazione, poi con Gli Ultimi al basso e ora arrivato alla quarta pubblicazione come cantautore. Oggi parliamo di Path e del suo “Mono/Stereo”, album appena uscito in CD per Ostia Records ma non solo. Buona lettura!

Radio Punk: Ciao e bentornato sulla nostra ‘zine! Visti i diversi generi, dall’oi al punk rock, al blues, folk, soul, cantautorato che ci proponi nei diversi lavori che ti hanno visto partecipare, prima in gruppo poi come solista, che ci racconti di te a livello artistico, da dove parte la tua passione per la musica e qual è un po’ la tua storia?

Path: Sono nato il dieci giugno del 1983 da una famiglia di operai. Da ragazzino ero quello che a scuola legava poco e a casa si sedeva nel retro con le cuffie nelle orecchie ascoltando tutta la musica che mi capitava. Una volta, in un negozio di dischi con mia nonna, non avendo il coraggio di canticchiare al commesso la canzone che volevo, mi si diede la colonna sonora di “The Commitments”, così scoprii la musica soul.
Entrai nel mio primo gruppo a quattordici anni (naturalmente con Rocker Ritz), e nei successivi ventiquattro non ho mai smesso di scrivere canzoni. All’inizio ho scritto pezzi, racconti e una fanzine chiamata “Laida Provincia”. Io parlo poco, se non scrivo rischio grosso.

Radio Punk: Raccontaci un po’ di Mono/Stereo, abbiamo notato sonorità diverse e in parte influenzato da “Cinema”, album che hai realizzato con la band Collatino Goddam. Come nasce questo ultimo lavoro? In ogni tuo disco c’è una diversa ricerca musicale, come se stessi compiendo un percorso attraverso la tua carriera, percorso che è sempre in evoluzione. Ci siamo fatti un viaggio e dobbiamo smetterla con l’alcol o ci abbiamo azzeccato?

Path: Quando ho cominciato nel 2012 ero convinto che avrei fatto sempre canzoni in acustico. Poi venne “Cinema” e dopo l’urto iniziale ho capito che le potenzialità erano infinite, e che non avrei avuto più paura di tentare.
“Mono/Stereo” è un disco nato in totale isolamento, composto, arrangiato, registrato e mixato senza l’aiuto di nessuno, se non la guida spirituale di Fabrizio Cristallo (Fouth Sin, Gas Attack, Collatino Goddam).
Il mio percorso musicale non è pianificato, e non riesco nemmeno a rilevare un disegno preciso al netto di quattro album, credo che sia soltanto una ricerca costante dei modi migliori per esprimermi: ascolto qualcosa qua e la e mi viene qualche idea fulminante.
Poi si dipana tutto da solo. C’è qualcosa che finora mi ha fatto sempre intuire cosa potesse funzionare e cosa no. Per ogni dieci canzoni, in ogni disco, ne butto almeno altre quindici nel cestino.
“Mono/Stereo”, come vuole insinuare il titolo, è il mio richiamo dall’isolamento verso il mondo esterno, nel periodo più orribile per la nostra generazione. L’ho espresso in qualche pezzo raccontando aneddoti, in qualche altro analizzando quello che vedo in TV, in altri ancora scavando dentro.

Radio Punk: oltre a scrivere testi per le tue canzoni, hai scritto anche diversi racconti e storie, uno dei quali contenuto in “Small Town Boy” uscito per T.A.C. records. Ti va di parlarcene? Dove nasce l’ispirazione per scrivere così tanto? è un dono! Non è mica cosa per tutti!

Path: Non ho mai smesso di scrivere, ho paura di cosa potrebbe accadere se lo facessi.
Daniele di T.A.C. ha raccolto un progetto che avevo dato per morto dopo essere stato scaricato da quelli che me l’avevano commissionato.
L’ha preso e gli ha dato un’altra chance. Ed ha restituito anche a me la possibilità di provarmi con la pagina scritta, dandomi il LA per quello che sarebbe venuto dopo con “Sono l’infame”.
È tutto molto naturale, se sento che non ho niente da scrivere io non scrivo niente, tanto non uscirebbe niente di buono comunque. So che prima o poi arriva il momento che scrivo cinquanta pagine o quattro canzoni in una settimana, quindi non mi metto fretta.
Quando comincio non so né dove posso andare a parare, né quando finisco.

Radio Punk: nei tuoi lavori e non solo è onnipresente Folk Beat Vendetta. Per chi non sapesse cos’è, che ne dici di raccontarci un po’ questo progetto e come nasce?

Path: Folk Beat Vendetta nasce nel 2012 come collettivo di folksinger, da me, Rocker Ritz, Hellspite e NANA. In quegli anni facevamo parecchi giri insieme proponendo uno spettacolo sulla falsariga del “Revival tour” americano, due ore nelle quali suonavamo da singoli e anche sopportandoci l’un l’altro senza mai lasciare il palco vuoto.
Poi si è sviluppata anche come Blog ed Etichetta, spingendo i lavori nostri e quelli degli amici. Ad oggi Folk Beat Vendetta è responsabile di tutto il lavoro che c’è dietro Path e Rocker Ritz, ma abbiamo fatto cose con Francesco, Automatica Aggregazione, Karl Lee, Razzapparte, City 493, Daniele Ridolfi, Anno senza estate.

Radio Punk: hai suonato un po’ dappertutto. Quali sono le situazioni più grottesche, i posti più improbabili in cui hai suonato e dormito, i peggio rimborsi spesa… insomma, facci viaggiare a suon di “fa ridere ma anche riflettere”!

Path: Nella campagna di Bracciano suonai ad una festa della tosatura e fui pagato con mezza forma di pecorino.
A Napoli fui ingaggiato in un locale all’ultimo momento, il proprietario mi tolse la chitarra dopo tre canzoni, e nel buttarmi fuori disse “mi fai scappare i metallari”: il tizio non riporta traumi cranici permanenti solo perché una sconosciuta ragazza mi diede ospitalità.
Sulle strade tra Pavia e Milano l’autoradio mandava gospel mentre io pregavo dio nel sedile posteriore, e il mio organizzatore guidava vomitando ubriaco dal finestrino mentre si incollava guardrail e investiva collinette erbose di rotatoria.
A Sassari ho dormito sul pavimento crudo di uno spogliatoio di calcio, a Oratino sul palco del locale, a Siena completamente solo in una notte d’inverno in un ex manicomio, a Venezia con Rocker Ritz e le nostre due allora fidanzate su un letto a una piazza e mezza, a Pescara stavo per andare a dormire quando entra Umberto Palazzo a duemila, saluta brevemente e si chiude in una stanza ad ascoltare jazz tutta la notte.

Radio Punk: Hai collaborato con Hellnation, Green Records, T.A.C. Records e ora Ostia Records. Insomma, realtà diverse ma provenienti tutti dallo stesso “giro”. Ci racconti un po’ come sono state queste diverse collaborazioni?

Path: Hellnation ha creduto in me dopo che per due anni avevo girato l’Italia senza niente di registrato. Lui non è uno che ascolta quello che gli mandi, lui crede in TE, investe, e poi si ascolterà il disco quando esce. Fino a “Mono/Stereo” compreso, mi sono sempre sentito in dovere di mandargli il mio disco prima di proporlo a qualcun altro. Green Records è gestita da una persona che stimo moltissimo, e che si associò ad Hellnation per produrre “Hombre Lobo Sessions”. Di T.A.C. Records ho parlato in una domanda precedente, posso aggiungere che “Small Town Boy” uscì il primo marzo 2020, e tutti sappiamo cosa accadde dalla settimana successiva. Il disco non potè essere pubblicizzato a dovere, e Daniele di TAC non ha mai fatto una grinza, non solo, ma accettò contro il suo interesse anche la mia idea di non infierire sulle persone in quarantena con uno spam pubblicitario assillante. Non finirò mai di ringraziarlo.
Ostia Records è invece una giovane etichetta, ma chi la gestisce ci sa fare, è sveglio ed andrà lontano, sono felice che abbia creduto in me.

Radio Punk: Come mai ti sei allontanato, musicalmente parlando, dal punk? Lo ascolti ancora? Pensi che tornerai a suonarlo? C’è qualche genere musicale che ancora non hai esplorato in cui in futuro vorrai assolutamente cimentarti?

Path: Non direi che mi sia allontanato dal punk, fino al 2017 suonavo ne Gli Ultimi, e fino al 2019 con i Barbera e Champagne, poi c’è stata la pandemia. Per fare punk ci vuole un gruppo punk, e lo farei ancora, da solo risulterebbe ridicolo.
Il punk lo ascolto ancora, quello vecchio (Clash, Bad Religion, Nofx, Avail, Against Me!, Hot Water Music, Bouncing Souls) e quello contemporaneo italiano che secondo me è un vanto nazionale (Dalton, Bull Brigade, City 493, Klaxon, Ghetto 84).
In realtà i generi che io metto nella mia musica non sono mai veramente nuovi per me, ci metto il soul, il reggae, il folk, tutte mie passioni giovanili, sono un falso sperimentatore.

Radio Punk: Fuori dal lato artistico, non tutti ti conoscono. Chi sei, che fai nella vita, che hobby e passioni hai, cosa vorresti fare, dove vorresti andare nella tua vita, nel senso, vorresti campare di musica o preferisci di no e hai altri sogni/obiettivi?

Path: Ho lavorato sempre nell’edilizia. Dal 2012 ho fatto una vita piuttosto dura, cinque giorni di cantiere e poi weekend in giro a suonare, lunedì al cantiere. Nel 2017 ho voluto provare, e per questi quattro anni e mezzo mi sono occupato di tutto quello che ha a che fare con musica e parole: Concerti, dischi, libri, cura di ristampe, arrangiamenti per altri, dischi per altri, missaggio, grafiche, digitalizzazione.
La “cultura”, passami il termine, per come la intendo io ha bisogno di un impegno H24 7/7, e finché posso continuo a darglielo. L’arte (nell’accezione medievale del latino ars, quella di “arti e mestieri”, ovvero la conoscenza delle regole tecniche e spirituali per produrre qualcosa) non è una cosa che semplicemente lasci e vai a fare qualcos’altro, se la fai, la devi fare. Come si diceva un tempo “‘sto mestiere è una galera”, e dalla galera non si scappa.
Finora vivo di quello che faccio, mangio due volte al giorno, pago i debiti, mi alzo presto, mi lavo, e non chiedo favori o denari a nessuno.
Quando mi vengono fatte domande maliziose, la mia risposta è sempre, romanescamente, la stessa: “Ma che magno a casa tua?”.

Radio Punk: il cantautorato è abbastanza lontano dal circuito DIY e politicizzato a livello di “centri sociali”, passami il termine e l’immaginario generico. Per te invece che ruolo hanno la politica e la filosofia DIY? Dai tuoi testi emergono diverse tematiche sociali. Quali sono le tematiche a te più care?

Path: Nella mia vita il DIY è tutto, dal taglio dei capelli alla coltivazione di un orto, ai dischi e ai libri, ricorro a terze parti solo laddove non posso arrivare. Le etichette o case editrici con le quali collaboro hanno comunque un’impostazione DIY. Io credo che questa filosofia sia il più grande lascito dell’hardcore, e sebbene non sia un dogma, non voglio affidare a terze parti qualcosa che sono in grado di fare da solo.
Per quanto riguarda le tematiche sociali che sento maggiormente, ovviamente il mondo operaio in primis, l’antifascismo, l’anticapitalismo.
Il fatto di scriverci una canzone di tre minuti, per me, è anche un ottimo modo per uscire dallo slogan, che alla fine a forza di ripeterlo perde pure di significato, di andare alla radice dei problemi.
Io non ho una parte politica definita, le mie opinioni sono state e potrebbero ancora essere in contrasto con gli ambienti che frequento, tutti lo sanno e finora mi hanno accettato per come sono.

«Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.»

Radio Punk: Chiudiamo ringraziandoti e – prima di lasciarti ai tuoi preferiti – ti chiediamo visto che sei un ascoltatore attento e selettivo e visto che tempo fa avevi scritto l’articolo “discografia polemizzata” proprio per noi, qual è la band o artista più sottovalutato in assoluto secondo te!

Path: Assolutamente rispondo gli “Steelfingers” . Una band potentissima di qualche anno fa, che mescolava i Clash con il soul ed il blues, una roba formidabile, rimasti sempre un gruppo di nicchia confinato alla città di Roma.

I PREFERITI DI PATH:

Abbiamo deciso di inserire i preferiti di ogni intervistato alla fine dell’intervista. Allo scopo di conoscere qualcosa di nuovo e farsi un’idea sui gusti del nostro ospite che potrebbe stupirvi. Ci sarà spazio per album, film, libri e progetti intesi come ‘zine, programmi radio, progetti d’artigianato, collettivi, altre etichette e altro ancora.

Album: “Io tu noi tutti”, Lucio Battisti
Film:
“Crimen”, Mario Camerini
Libro:
“Cella 2455, Braccio della morte”, Caryl Chessman
Progetto:
Radio Punk (gli invidiosi diranno “paraculo”…)

REMINDER:

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