In Veneto There Is No Law: 7-9 settembre 2018 @Impianti Sportivi Parabae

Due giorni a Maserada, Veneto, in cui la legge non ha potuto turbare il disagio dei numerosi punk sopravvenuti (a parte la fugace comparsa di un’automobile dei carabinieri a causa, pare, di un petardo esploso nel mezzo della mattinata), che in pace, amore ed alcolismo hanno partecipato, fisicamente per lo meno, all’evento.
Le due giornate, che si sono svolte in un luogo più incasinato dei monasteri del Monte Athos ovvero gli Impianti sportivi Parabae a Maserada sul Piave, sono state anticipate da un pre-party al Binario 1 di Treviso (Arci), che si è svolto venerdì 7, organizzato da Via Zoppo 8, con Tragicz, da Treviso, Shitty Life, da Parma/Rovereto, e Astio, da Trento. Purtroppo il sottoscritto era troppo impegnato a sollazzarsi con altri impieghi e non ha potuto partecipare alla mirabolante serata d’apertura.
Due parole sul luogo. Come già annunciato, sta nel mezzo del nulla. Infatti la pizzeria più vicina è comunque troppo distante (a detta di google maps) e per arrivarci bisogna attraversare strade sterrate sperdute nel bel mezzo di ampie distese di vigne. A fronte delle difficoltà tecniche che si possono riscontrare nella sua ricerca, il posto è stupendo. Si tratta infatti di un impianto dotato di tendone, baretto all’aperto, baretto all’interno dell’impianto, campo da tennis, campo da calcetto, un biliardino, un paio di piccole rampe da skate, recinto con tre capre curiose e famigliole occasionali, intente a farsi una gita domenicale con bicicletta e prole al seguito, che attraversano quest’area ridotta in condizioni tali da assomigliare ad un villaggio post-atomico (la maggior parte si è fermata allibita a scrutare lo scenario apocalittico costituito da punk disfatti, borchie e devastazione).
Presenti molte distro, tra cui ovviamente quella di Radio Punk (con dischi, adesivi, materiale vario e libri, come L’aria Brucia di Susca e Rotondi), ottima cucina veg (di cui ho professionalmente scordato il nome, pardon) e capre spione (già detto ma è importante ribadire).
Due parole sull’organizzazione. Il concerto è stato messo in piedi e gestito da Treviso Punx, con la collaborazione di Murung Records, Via Zoppo 8 Autoproduzioni e Saetta Autoproduzioni. I ragazzi di Treviso Punx organizzano da anni eventi nella zona (tra le altre le precedenti edizioni di “In Veneto There Is No Law”) ed hanno contribuito a portare in queste lande desolate complessi di grande spessore e caratura come Zounds, The Mob, Appalachian Terror Unit, Cress, Contropotere e tanti altri.
Nello spazio sono presenti due palchi, uno allo scoperto e l’altro sotto un grande tendone. Inoltre per chi intendeva bruciare come un monaco tibetano (il mattino seguente faceva talmente caldo da ustionarsi) è stata data la possibilità di campeggiare in loco. Le eterogenee band, inoltre, hanno suonato all’incirca trentacinque minuti ciascuna.

Prima giornata:
Non appena siamo giunti, abbiamo a malapena avuto il tempo di piazzare la nostra baracca, fare una partita a Dobble e poi andare nel tendone per sentire i La Dolce Vita. Costoro sono un gruppo di musicisti emersi dalla scena post-punk udinese dei primi ottanta, di conseguenza hanno un bel po’ di esperienza e qualche anno sul groppone. Sono passati con maestria dal post-punk di fine anni Settanta (alla Joy Division e UK Decay, per intenderci) a pezzi con un tiro più tendente al punk rock dei Buzzcocks ma con una punta di cattiveria in più. Una bella sorpresa per il sottoscritto, ma purtroppo i presenti sono stati pochi per via dell’orario.
A seguire, nel palco all’aperto, A Culture Of Killing, che ci hanno meravigliato grazie al loro gothic rock/post-punk funereo alla Sect/Spectress ed alle evidenti influenze anarcho-punk, come i The Mob e Internal Autonomy. Ho raccolto commenti molto positivi anche dagli altri presenti.
Torniamo sotto il biancheggiante tendone giusto in tempo per gli Overcharge. Nati a Varese nel 2012, ci hanno presentato una violenta commistione tra thrash metal e hardcore punk tutta da pogare. Insomma, tra i Disfear, i Motörhead e i Discharge.
Continuando sul tiro metal-punk, dall’altra parte sono già pronti i Distress dalla Russia (da non confondere con l’omonima band grindcore dall’Indonesia). Autori di crust punk, a tratti spinto verso il grind, a tratti più lento, negli anni (suonano dal 2003) hanno sfornato vari lavori, ora reperibili in Internet. Il suono è più originale e godibile della media delle band d-beat e sono politicamente schierati. Infatti il corpulento singer non ha esitato a fare dei proclami sociali ed in passato hanno avuto come componente, per breve tempo, Timur Kacharava, giovanissimo musicista e attivista di Food Not Bombs, AFA e ALF, noto purtroppo per essere stato assassinato il 13 novembre del 2005, a soli vent’anni da un folto gruppo di nazisti. Che la terra ti sia lieve, compagno.
Poi, breve intervento da parte di una vittima degli abusi psichiatrici, Craig dagli Stati Uniti, presente anche con banchetto e materiale.
A seguito di questa parentesi, ce ne torniamo sotto il tendone per i Lester Greenowsky. Più rockettari e ramonesiani di tutte le altre band, ci hanno presentato il sound più festaiolo della due giorni. Le influenze della band sono rese evidenti anche dalla scritta che campeggia sulla schiena del front-man, L.A.M.F. (riferimento ad un album di Johnny Thunders & The Heartbreakers). A cavallo tra il glam punk alla New York Dolls, il power pop e l’hard rock alla MC5, hanno tentato di risollevare il morale.
Per tornare a tinte più violente e poco allegre, sotto un tetto di stelle ci aspettano i Cimex. Hanno eseguito tutti i loro classici (Abuso di potere, Non cambiare mai, Anarchopunx) e ci hanno fatto dono anche di una cover dei Wretched, Finirà mai?, eseguita molto bene. Per chi non li conoscesse, sono una band anarcho-hardcore del nord-est che si è riformata di recente. Autori di un album dal titolo esemplificativo, Per te solo rabbia.
Fanno seguito nel tendone i più foschi Belgrado. La migliore band di queste giornate (opinione personale, eh!), vengono da Barcellona (ma i componenti sono originari anche da Argentina e Polonia) e suonano coldwave e post-punk vecchio stampo. Vengono dalla scena degli squatters e sono promotori dell’etica DIY, hanno incantato gran parte dei presenti con il loro sound, più freddo di un febbraio serbo (un po’ Joy Division, Lebanon Hanover, Skeletal Family, Xmal Deutschland e Siekieria, un po’ qualcos’altro di più originale) e le movenze alla Ian Curtis dell’elegantissima e carismatica singer, Patrycja (in passato drummer nei Sect e componente della synth-pop band FataMorgana). Di molto superiori alla media dei complessi di nostalgici dei Sisters Of Mercy e dei Cure, rielaborano il gothic rock secondo un loro personalissimo stile, supportato da una chitarra semplice ma ipnotica (anche grazie ai vari effetti e riverberi) e da una sezione ritmica di livello che sembra rubata ai Gang Of Four. Come moltissimi membri di band analoghe i vari componenti in passato hanno fatto parte di gruppi hardcore e anarcho-punk (come Jauria, Infame, Drömdead, Los Dolares) ed hanno mantenuto l’attitudine libertaria e militante. Ultimo appunto, i testi delle canzoni sono in tre differenti lingue, inglese, spagnolo e polacco, e a differenza di altri gruppi noti non se la tirano affatto, visto che si sono rivelati molto aperti alla conversazione con chiunque.
Ci spostiamo nuovamente, per un’altra band barcellonese: Una Bèstia Incontrolable. Graffiante hardcore punk in lingua catalana coinvolgente ed energico, con tinte oscure senza però sfociare nel death rock, che sta riscuotendo un certo seguito ultimamente. Hanno il pregio di non correre troppo e i loro pezzi sono chiari, anche se dediti alla sperimentazione, e ricordano molto l’hardcore punk europeo di inizio anni Ottanta.
Ultimi, ma non per importanza, i The Boys. Pop punk britannico della vecchia scuola (della serie: Buzzcocks, 999, Undertones, Generation X). Personalmente mi aspettavo più carica da parte di un gruppo storico come questo, per quanto si siano fatti valere e si siano dimostrati godibili. Purtroppo l’età si fa un po’ sentire (fanno parte della prima ondata di complessi britannici ascrivibili al genere, di quelli che hanno imbracciato le chitarre nel ’76), ed anche la ripetitività del punk settantasettino. In ogni caso, l’esecuzione dei loro classici (prima fra tutte “It’s my first time”) ha riscaldato il cuore di nostalgici e nuove leve.
E dopo tutto questo, Dj set di Sepolcro Zero e una nottata molto umida e fredda.

Ed arriviamo al giorno seguente.
L’annunciata supercoppa punx purtroppo non si è tenuta (delle due squadre, Street e Anarcho, mancavano i secondi), e così i disagiati come il sottoscritto che sono rimasti in zona senza essersi preoccupati di portarsi una tenda hanno vagato senza scopo e litigato con le capre fino alla sera creando uno scenario da zombie-movie di Romero.
Primi della lista (ora tutti i concerti si svolgono nel tendone) sono i Blind Pride. Se vi siete mai chiesti come può essere un gruppo crust anarchico dalla Repubblica Ceca, ecco, questa è un’ottima band crust anarchica dalla Repubblica Ceca. Alternando brani dove si fa uso del tipico gioco di voci (femminile e maschile, alla Anti-Product per dire), danno subito un’ottima impressione. La batteria è molto aggressiva e la front-woman è carica di energia e rabbia. Davvero niente male per una band che proviene da un posto che da noi non si sa neppure come pronunciare (Brno). Peraltro, è uscito il loro demo (ovviamente reperibile gratis nel web) di recente.
Altra band crust hardcore politicizzata ceca da Brno, sono i Godot Youth. Anche qui vocalist femminile accompagnata da un vocalist maschile, giusta rabbia enunciata senza pudore e sound aggressivo.
Al termine della prova di quest’altra band, segue intervento prolungato di Craig dagli Stati Uniti sulla repressione psichiatrica nel suo paese, che dà spazio ad una pausa e a un’apprezzata boccata d’aria.
Gli fanno seguito i padovani Cioran, che si dedicano al black metal con tinte death, grezzo ma con uno sguardo avanguardista che dà spazio a momenti tinteggiati di (post?) hardcore, accelerazioni grind e rallentamenti sludge/doom, a seconda del pezzo. I testi esistenzialisti figurano quasi come un brutale spoken word e sono di un certo impatto per chi riesce a coglierli.
E così arriviamo ai Messa. Anch’essi provenienti dalle zone di Padova (Cittadella), colpiscono subito per il loro inquieto e meraviglioso mix. Doom/drone, occultismo, dark jazz, progressive punk, blues, ambient, stregoneria e incenso (di cui hanno fatto uso per davvero). Tastiere (che talvolta fanno da intermezzo), chitarre anni Settanta e la voce espressiva, potente e granitica della cantante contribuiscono a calcificare questa mistura schizzata con efficacia, passando dalla calma alla tempesta con disinvoltura. Il loro è un incedere calmo e inesorabile, che sfocia in vigorose sfuriate metalliche. Tanto di cappello.
Turno, ora, dei bolognesi Horror Vacui. Appartenenti alla nuova schiera di band che mixano il post-punk all’anarcho-punk, si distinguono in quanto rinunciano alla quiete tipica del filone, colmandola con la maggiore urgenza dell’hardcore punk classico, assomigliando a band più aggressive (rispetto ai più ipnotici Belgrado o ai Dead Cult) come i Cemetery, i Lost Tribe e i 1919. Infatti si definiscono con l’azzeccata nomenclatura di un viscerale “DIY death rock”. Consigliatissimi i loro lavori, che racchiudono ottimamente tutta la gioia (si fa per dire) del gothic rock indipendente tramite i loro riverberi e le nenie.
Attivi dal 2009, il gruppone della serata sono i The Bellicose Minds. Anche grazie a stupendi album come The Creature e The Spine, fanno parte delle band di punta di quello che personalmente definisco come anarcho-goth punk, assieme ad altri complessi come Moral Hex, Annex, Crimson Scarlett e Rosa Apatrida. Il terzetto di Portland nel loro bandcamp dice di ispirarsi “alla pioggia ed alle nuvole”, che pare la migliore delle definizioni per una band triste nelle sonorità ma vitale nello stile e nell’elaborazione, espressa anche grazie a musicisti di livello che hanno per ovvie influenze The Cure e un pizzico di Killing Joke.
Ultimi e di tutt’altro genere (parliamo di un graffiante e potente grindcore), sono i Cancer Spreading. Hanno annientato gli ultimi neuroni dei sopravvissuti alla due giorni con il loro stenchcore DIY dai testi nichilisti e dedicati all’autodistruzione, proclamati dalla voce gutturale del front-man. Un po’ di death metal e un po’ di crust condiscono il loro violento sound e, a differenza di molti altri gruppi che si rifanno al grind, le canzoni non durano due secondi ma sono lunghe anche vari minuti e la tecnica è molto più complessa rispetto ai canoni dello stile.
Infine, caldi, sentiti e doverosi ringraziamenti agli organizzatori, alle band ed in particolare ai ragazzi di Treviso Punx che si sono sbattuti un sacco per mettere in piedi questa due (tre se contiamo il pre-party) giorni e ci hanno permesso di sfoggiare il banchetto di Radio Punk. Ci si vede al prossimo “In Veneto There Is No Law”!

Live report by Alessio Ecoretti