Recensione: Nabat – Banda Randagia
Quello che leggerete nelle seguenti righe non è stato facile da scrivere; i Nabat, infatti, sono una band seminale, un vero e proprio pilastro della storia dell’oi! Quindi per parlare dei Nabat oggi, non ci si può ridurre ad una semplice recensione del loro ultimo lavoro ma è necessario avere una visione d’insieme e fare ciò è difficile per noi giovani che li abbiamo visti e ascoltati solo negli ultimi anni. Ma noi siamo dei temerari e ci proviamo comunque.
Procediamo per gradi. “Banda Randagia” nasce all’interno del Vecchio Son, dove viene registrato e pubblicato, poi, nel 2018 grazie a C.A.S. e Ansaldi Records. L’album contiene 14 tracce di cui 10 inedite e 4 già uscite in precedenza, ovvero “Hey Boot Boy”(2013), “Braccato”(2013), “La Marcia dei Disperati”(2014) e “Cronaca di un Uomo Ferito” (1996).
“Banda Randagia” è disponibile in formato LP+CD con la grafica di Andrea Cerrato che sul fronte riprende il logo dei Nabat mentre sul retro è presente una fotografia del gruppo. Giusto per farvi capire che è una bomba, le copie che avevamo in distro sono esaurite in un baleno.
Parlando del disco in sé, riteniamo che questo sia il giusto prosieguo della loro carriera: infatti ci propongono il classico oi vecchia scuola, con testi nichilisti e impregnati di disagio sociale, ma attualizzati ai tempi in cui viviamo. Allo stesso tempo ci sono testi immersi nella realtà bolognese. Infatti, da una parte troviamo canzoni come “Quel da fêr”, scritta e cantata interamente in bolognese e “Non C’è Spazio”, in cui sono citati fatti come la strage di Bologna e l’uccisione di Francesco Lorusso durante l’11 marzo, mentre dall’altra parte troviamo canzoni come “Voucher” e “Gossip Riot” che approfondiscono tematiche decisamente attuali. Non mancano poi veri e propri inni all’amicizia e fratellanza di chi lotta in strada e, a tal proposito, citiamo una frase di “Banda Randagia” che recita “ma non siamo mica qui da soli, esistono almeno altri cento cuori”.
Nel complesso, l’album risulta scorrevole e molto coinvolgente. Marco ci regala dei riff di chitarra punk oi vecchia scuola con influenze blues/rock n roll come in “Non ti Fermare” e qualche assolo di pregevole fattura. Cori e ritornelli sono in pieno stile Nabat, di quelli che ti entrano in testa e ti fanno cantare ogni singola canzone già dal primo ascolto. Steno, poi, ci offre una prova vocale di grande livello, con tanta grinta. Già ci mette voglia di vedere questi nuovi brani dal vivo. Ottimi anche UiUi alla batteria e Genio al basso, che danno grande solidità alle canzoni.
“Banda Randagia” è un disco bellissimo, intenso e pregno di passione, assolutamente da ascoltare, solco dopo solco, traccia dopo traccia. Finché band storiche come i Nabat avranno ancora qualcosa da dire, noi li ascolteremo e ci faremo travolgere dalla loro carica.
Noi ce l’abbiamo messa tutta e come per ogni recensione il nostro intento è quello di trasmettervi la voglia di ascoltare il disco in questione. Speriamo di aver fatto del nostro meglio.
Grazie Nabat, per tutto! Oi!
Recensione a cura di Tom e Zoe