Recensione: NoWhiteRag – Resilience

Ecco, è uscito. L’ho aspettato e raccolto ogni piccolo pezzo di anteprima che usciva. Ed ora è qui, il nuovo album della band modenese NoWhiteRag, ‘Resilience’.

Forse sarà il periodo, ma lo considero un album autunnale, invernale. Mi immagino schiacciare play mentre fuori piove, mentre fuori è tutto coperto dalla nebbia, e lasciarmi trasportare dalla carica di rabbia, di comprensione e di forza che esce dal disco, da queste quindici canzoni, dalla voce di Zanna.

Si parte veloci, con ‘I fiori degli schiavi’, e già si capisce di che pasta è fatta l’album. La seconda canzone è la title track, ‘Resilience’, che io personalmente adoro, – l’avrò già ascoltata dieci volte – con frasi tipo ‘resilience is heading, holding my will, I’m alive’ o ‘He dreamt a revolution, a safer place to go, just booze and punk rock, boycott and revolt’, frasi che ti entrano dentro, che fai tue. E poi si continua con ‘Come a Kobane’, che ho già avuto la fortuna di sentire live e, beh, non c’è altro da aggiungere, dovete ascoltarla. ‘E come a Kobane, no Pasaran!’.

Si continua poi ad alternare brani in italiano e inglese, veloci, meno veloci, ma sempre con la rabbia che monta e quella resistenza che ti tiene su, che ti fa continuare a camminare in questa società, si fa sentire dentro il sangue.

Altre canzoni, altra rabbia, si passa a ‘Love and Rage’ appunto, e poi ‘Vomito sul Mondo’, e giù, si continua a picchiare, i ragazzi continuano a battere su quei strumenti, la voce a graffiare, fuori è ancora buio ma ‘but I still feel the same old rage anyway’. E via così, siamo a metà album, che continua a scorrere, liscio, ogni suono ben strutturato, ogni urlo ben sistemato per far sentire la potenza di un punk che non è solo ‘rumore’ ma è significato, ribellione, resistenza, lotta, coraggio, condivisione. Ho scoperto i NoWhiteRag per caso, nel 2008, dieci anni fa, con l’album Nothing Left, (quello di Society Makes Me Sick) e chissà cosa, se il nome o il suond… mi ha colpito dentro. Dopo dieci anni sono riuscita a vederli dal vivo. E mi sono emozionata. Ed ora questo album, che sì, è più ben fatto, più curato, più maturo ma la rabbia la senti che è la stessa, la voglia di spaccare un muro, la voglia di coinvolgere i pirati punx è sempre la stessa.

E scivola via anche l’ultima metà del disco, e si accendono fuochi con ‘The Sin Pyre’, si va per le strade buie con ‘I Lavoratori della Notte’, e si continua a camminare e a vivere con ‘The Black List’ e ‘No Reason Why’, una preghiera per ‘La Tragedia delle Certezze’.

E poi si giunge alla fine, con un’armonica tormentata a cura di Steno dei Nabat, sta davvero per piovere, con una canzone da strada, una canzone da urlare, sofferente, ‘It’s Going to Rain’. Come la title track, anche la chiusura del disco è una canzone da ascoltare e ri-ascoltare, per captare quelle sfumature, quella dolcezza di fondo che persiste in ogni lotta.

Devo davvero dare un voto a quest’album? Gli darei 10. So che la perfezione non esiste e tutte queste cose qui ma chissenefrega! L’album è una bomba, è tutto degno di nota, dagli strumenti alla voce, dall’artwork alle lyrics. E quindi? Quindi, cazzo, andate a prendervi una copia, perché è un album da 10!

 

‘E nei vulcani, io brucerò,

nelle tempeste io ci sarò,

Di altre vite ma che ne sai,

io non ho dio né ora né mai.’

 

VOTO: 10