Lost and found 5: poker di dischi punk
Nuovo episodio del Lost and found con quattro dischi punk da scoprire
Eccoci con la quinta edizione del Lost and Found, oggi alla scoperta di quattro dischi da non perdere. Buona lettura e buon ascolto!
Neuvegramme – L’inesausta Tensione (Lanterna Pirata, Burning Bongalow)
Neuvegramme in qualche strambo dialetto vuol dire brutte notizie, anche se in questo caso le notizie sono buone, infatti aspettavamo un ritorno della band ligure dopo l’ottimo esordio omonimo. Immagino che non sia facile far collimare gli impegni e la scrittura in una band di sei elementi che conta 3 voci principali, infatti non è con un nuovo full length che si presentano i Neuvegramme ma con un EP di 5 pezzi che sono però molto corposi, non lasciano infatti una sensazione di incompletezza, anzi, la durata di circa 18 minuti permette di immergersi in un prodotto curatissimo.
Proprio nella cura sta la differenza principale con il primo disco, che era, come ogni esordio molto più dedito all’urgenza che al pensiero ragionato. L’inesausta Tensione si presenta fisicamente come un libercolo che accompagna la musica con opere grafiche, non sempre ineccepibili ma sicuramente interessanti e testi che lambiscono il poetico senza scadere nella pretenziosità eccessiva. Divertente da ascoltare perché musicalmente non è un’opera banale, anzi, escludendo la meno seriosa Uno Qualsiasi (che sembra essere concepita per essere suonata dal vivo) ogni brano è strutturato, fatto di crescendo, pause riflessive, suoni azzeccati e sensazioni. Un piacere ascoltare L’Inesausta Tensione, speriamo di non dover aspettare troppo per un seguito.
Quicksand – Distant Populations (Epitaph)
Forse il mio disco dell’anno, perfetto a livello di produzione, intensità e scrittura. Arriva come una coltellata in mezzo al petto Disant Populations, un album che i Quicksand non avevano l’obbligo di scrivere, ma forse l’esigenza emotiva ha superato le difficoltà dovute dai tanti progetti a cui i membri della band erano ben ancorati. Dodici canzoni che esprimono, tramite riff e trame vocali ,quello che è l’hardcore di scuola emo, genere che sta avendo la sua rivalsa negli ultimi anni, dopo essere stato ad appannaggio di esperti e addetti ai lavori, secondario a livello di vendite nei cataloghi di etichette come la mai troppo lodata Revelation. Per fare un esempio calzante, fichi i Garrison, ma forse non proprio presentissimi nelle discoteche del collezionista medio di punk hardcore. I Quicksand aggiornano l’argomento, lo rendono proprio, senza ovviamente la tracotanza dei Turnstile con i quali pur sempre un bel gap generazionale. Differenza di età che in questo caso non diventa un handicap anzi, la maturità compositiva li rende persino più godibili. Non nascondo di aver cambiato un paio di volte idea su questo album, come un buon whisky va assaporato e ragionato prima di un giudizio definitivo. Certo, un nostalgico del primo EP con i suoni del mitico Don Fury potrebbe storcere il naso davanti al lavoro di William Yip, scelta in verità molto oculata visto che è stato dietro al mixer di Title Fight, Superheaven e Tiger Jaws, insomma tutto l’emo-gaze moderno che conta. Il mix funziona, l’esperienza del gruppo abbinata alla produzione contemporanea è alla base di un lavoro perfettamente centrato con il nostro millennio, che piaccia o meno, Distant Populations di certo non è un disco che puzza di vecchio.
I Like Allie – Rare Instances of Independent Thinking (Paper and Plastick ,NoReason Records, General Soreness )
Poche cose sono lontane dal mio gusto come il sottogenere suonato dagli I Like Allie, eppure…eppure già in quella perla di armonia che sono i 2 minuti di Opening Number capisco di essere davanti ad un disco che mi accompagnerà per diversi mesi, con il quale litigherò per poi fare sommessamente la pace, come due vecchi amanti che si rinfacciano sempre i soliti difetti ma che si amano e non si lasceranno mai. “Sei troppo melodico”, gli urlerò, “ma il punk è nato melodico”, mi farà notare. “Sì, ma le chitarre sono troppo pulite, non va bene” , ma eccolo di nuovo, con una calma disarmante, chiedermi ” ti sembra che manchi la potenza?” Ho perso, cari I Like Allie, avete fatto uscire un disco della madonna.
Your Superpowers are stupid, con quell’atmosfera vagamente Badalamentiana (che basso!) è una delle mie canzoni preferite di quest’anno, quella più unica e meno codificabile. Poi si entra in territori più consueti: Latherface, Alkaline trio, Latterman, sono i primi nomi che mi vengono in mente, ma c’è l’imbarazzo della scelta, la scrittura viene da solide basi di ascolti e conoscenza musicale, senza però abusare dell’uso dei Cliché. Da sottolineare anche i quasi sei minuti di The Chaser e la Title Track finale (con ospite Laura Stevenson, ex Bomb the music industry!), entrambe con uso massiccio e sapiente di chitarre new wave . Leggermente più debole nel complesso Go out there, Get Superpowers and live your dream, mentre paradossalmente abbassando i toni ed entrando nei territori più shoegaze di A Reaction Paper on salt il disco si riprende e non manca più un colpo per tutta la durata. Non vedo l’ora di mettere le mani sulla copia fisica, consiglio di mettere mano al portafogli e fare il pre-order anche se non siete dei fan della “Melodic side of the Punk”, potreste rimanere piacevolmente colpiti.
Barbara Still – Demo
I Barbara Still sono un quartetto fresco fresco da Spezia che propone un post punk in stile Eversor e con chiari richiami ai Kina. Il tutto viene proposto in modo fresco e personale, con tutti i pregi e i difetti dovuti dall’anagrafica. Dolcemente stonati, ruvidi per colpa dell’irruenza e non della rabbia, malinconici senza però un’eccessiva vena depressiva.
Solamente tre brani ma che centrano pienamente l’obiettivo di ogni demo che si rispetti, ossia inquadrare la band e renderla riconoscibile. Arpeggi e chitarre wave sorrette da un buon fraseggio basso batteria, a tratti incespicante ma sempre efficace. La cosa bella dei Barbara Still è che sanno tramutare in vantaggio i propri difetti, soprattutto a livello vocale, dopo i primi attimi di smarrimento si fa l’orecchio alla voce particolare del cantante.
I Barbara Still hanno tutto il tempo di evolversi e devono sicuramente darsi da fare per migliorare qualche piccolo difetto ma vale la pena di dargli spazio e farli suonare, coltiviamo ciò che abbiamo.
Recensioni a cura di Nick Northern
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