Propagandhi / Dead To Me / RVIVR @Zona Roveri, Bologna | 8 novembre 2018

Un concerto dei Propagandhi su suolo italico è sempre un evento, quasi un obbligo morale a cui si è tenuti a partecipare. La città prescelta questa volta risponde al nome di Bologna, più precisamente in Zona Roveri, in una fredda sera di novembre. L’hype è tanto, anche perchè ad aprire il concerto ci sono due gruppi interessantissimi che rispondono al nome di Dead To Me e RVIVR. Ma andiamo per ordine.
Ad aprire le danze della serata ci sono i RVIVR, uno dei gruppi più interessanti usciti dal folto panorama underground punk statunitense. Nati dopo lo scioglimento dei Latterman e il conseguente trasferimento da Olympia del chitarrista Mattie Joe Canino, il gruppo si è assestato attorno alle figure di Erica Freas (che divide le voci con Canino oltre a suonare la chitarra) e il batterista Kevin Rainsberry, con il ruolo di bassista in continuo ricambio.
Il gruppo, oltre ad essere musicalmente molto valido, è strenuo difensore dell’uguaglianza sociopolitica e di gender, cosa non da sottovalutare di sti ultimi tempi.
Vuoi un po’ per la grandezza del locale, vuoi un po’ per l’orario infame (21:00), i quattro si ritrovano a suonare davanti a un Zona Roveri semi deserto. La cosa non scoraggia i RVIVR che si lanciano in un set energico e compatto fatto di punk rock melodico molto aggressivo che pesca a piene mani dalla discografia del gruppo. Le sensazioni sono ottime, i quattro divertono e si divertono, anche se sicuramente avrebbero reso molto di più in un ambiente decisamente più piccolo a stretto contatto con la gente.
Tempo di fare il cambio palco e tocca ai californiani Dead To Me. Il quartetto appartiene al filone dei gruppi Fat Wreck Chords di seconda generazione (quelli che hanno abdicato la velocità del doppio pedale in favore di un punk rock melodico mid tempo, stile The Lawrence Arms per intenderci) e ha una storia travagliata tra cambi di formazione, di stile e problemi di droga. La formazione sembra essersi riassestata con il ritorno nei ranghi del cantante chitarrista Jack Dalrymple, che aveva lasciato la band dopo un album e un ep.
Rispetto ai compagni di tour ai Dead To Me va molto meglio a livello di pubblico, con il locale che lentamente si sta riempendo. I quattro partono sparati e non ci mettono molto a coinvolgere i presenti. Le coordinate sono sempre quelle: punk rock melodico bello ed energico con Dalrymple e il bassista Chicken a dividersi gli oneri vocali. Il loro set scorre via senza troppi intoppi con tanti pezzi anthemici e un “Arrhythmic Palpitations” posta in chiusura a far venire gli occhi lucidi.
Il cambio palco in favore dei Propagandhi diventa un’estenuate e lunga attesa in cui ci si approfitta di ricaricare le forze. Serve che vi dica chi sono i Propagandhi? Veramente lo volete? Se veramente lo volete siete da bocciatura in storia del punk rock.
Il locale è finalmente riempito e alle 23.00 precise il quartetto canadese sale sul palco tra il boato del pubblico presente.
Ci sono tre punti fermi in un’esibizione odierna dei Propagandhi: la maglietta dei Final Conflict di Chris, la grinta del bassista Todd e lo sbattersene le palle dei fans più oltranzisti e concentrarsi di più sulle ultime uscite piuttosto che le storiche prime due. Tutti i tre punti sono stati rigorosamente rispettati e a differenza dell’ultima volta che li avevo visti al Punk Rock Holiday del 2017, mi sono sembrati molto più carichi e compatti. Sulla precisione esecutiva e l’alchimia di gruppo niente da dire, con l’ultima entrata Sulynn Hago che si è amalgamata alla perfezione con il resto del gruppo. Ma è stata appunto la grinta a colpirmi, probabilmente perchè posizionato sotto il bassista Todd che era carico a mille e si gasava come un giocatore di football dopo aver fatto un touchdown, non per una canzone sola, ma per tutto il concerto.
“Failed Imagineer”, “A Speculative Fiction”, “Fuck The Border”, “Note To Self”, “Back To The Motor League” si seguono a rotta di collo trovando il consenso del pubblico, ma è con “Apparently, I’m a P.C. Fascist (Because I Care About Both Human and Non-Human Animals)”, “…And We Thought That Nation-States Were a Bad Idea”, “Less Talk, More Rock” e “Anti-Manifesto” che il pubblico va in delirio totale, ma c’era da aspettarselo, in fondo sono quelli i Propagandhi che sono rimasti nel cuore della gente.
C’è tempo per un bis con “Victory Lap” e “Night Letters” (io personalmente avrei chiuso dopo “Anti-Manifesto”, ma tant’è) che chiude un esibizione suonata con tecnica, cuore e palle.
Un concerto decisamente positivo che ha regalato la certezza di un gruppo sempre sul pezzo, ma anche la possibilità di poter far scoprire anche due nuovi gruppi a gente che non bazzica tanto nell’underground. La cosa divertente, invece, è stato svegliarsi e scoprire che i Propagandhi sono stati il primo gruppo annunciato al prossimo Punk Rock Holiday. Se non è destino questo.

Live report a cura di Michael Simeon
Credit foto: Michael Simeon, Emanuela Bruzzi