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Radio Punk Editoriale 4 – Febbraio 2021

Radio Punk editoriale 4: nel 2021 webzine e fanzine hanno ancora senso di esistere?

Questa provocazione nasce in seguito ad alcune considerazioni che ci hanno trovato a ragionare insieme in diversi momenti. Tutto nasce da un’osservazione che può sembrare banale, ma per noi è stato un po’ come scoperchiare un vaso di Pandora.

Ci è capitato di vedere in qualche sito, prima di un articolo, la dicitura “tempo di lettura X minuti”. Oltre ad un lieve fastidio iniziale (perché il web deve dettare i miei orari?), questa osservazione ci ha portato a fare alcune riflessioni su scrittura e lettura ai tempi di Internet.

Primo punto, più immediato: come si fa a calcolare il tempo di lettura di un articolo? Posso essere alla ricerca di informazioni, quindi scorro rapidamente focalizzandomi sulle parole chiave. Oppure, posso soffermarmi, oltre che sul contenuto dell’articolo, sullo stile di scrittura e sulle scelte lessicali, centellinando anche il suono dei vocaboli. In questo caso, il tempo di lettura sarà molto maggiore che nel primo caso. 

Secondo punto, analizzando un po’ di più la questione: perché è necessario indicare il tempo di lettura di un articolo? Forse non abbiamo abbastanza tempo da dedicare alla lettura oppure un articolo troppo lungo può scoraggiarci dal leggerlo? Per noi, che dedichiamo parte del nostro tempo libero a scrivere articoli, sarebbe importante sapere se questi articoli vengono davvero letti. Nel mondo dei social, in cui scorriamo distrattamente la home, un’immagine o un titolo può catturare la nostra attenzione per qualche secondo, e poi? Clicchiamo davvero sul link per andare a leggere una notizia, una recensione, un’intervista?

Forse per capire il problema bisogna fare un passo indietro, solitamente su internet le cose non vengono fatte a caso, se il tempo di lettura è indicato è perché è stato notato che funziona. Perché funziona? Forse stiamo perdendo lo stimolo alla lettura? Forse è stato pensato che se un sito garantisce la breve durata di un articolo ci sarà più gente propensa ad aprirlo? Questo ci porta ad un’altra considerazione. Come catturare l’attenzione di un pubblico ‘poco interessato’. 

Si sa benissimo che oggigiorno prevale il famoso fenomeno definito clickbait, articoli il cui solo scopo è quello di fare aprire il link, ma quanti, pur attratti dal titolo, leggono realmente oltre le prime 4 righe? Forse per quello i siti mettono le mani avanti, come a dire: Fermo li, non ci metti più di 5 minuti, tempo che viene su il caffè ed hai finito!

Ora magari penserete ‘Seh vabbè, vi state facendo un viaggione’. Forse. Però ci piace analizzare questi fenomeni perché posso essere indice di qualcosa che ci coinvolge tutti e tutte, dato che chiunque passa del tempo online oggi giorno.

È anche vero che la soglia dell’attenzione di tutti noi è calata drasticamente, assuefatta dai ritmi del capitalismo digitale e dalla velocità che questo sistema ci impone. E se la risposta più ovvia fosse anche quella giusta? Forse ciò che ci manca realmente è proprio il tempo per fermarci un attimo e leggere con calma.

“Sì ma basta con sto pippone, si parlava di fanzine e webzine!”
Vedi che abbiamo ragione!? Stai già perdendo il focus. Ora arriviamo al punto.
Per continuare ad esistere su internet, le webzine sono “obbligate” a soddisfare le logiche del marketing digitale e questo può rischiare di farle allontanare dallo scopo per cui hanno iniziato il loro percorso.

Infatti, se ci pensiamo bene, le fanzine cartacee nascono con l’intento di informare e divulgare il verbo del DIY, sia nello stile, difatti sono autoprodotte, sia nel contenuto, dato che trattano di band, spazi e più in generale di circuiti underground. Con l’avvento del web, questo tipo di comunicazione si è evoluto – come ha spiegato Sara più approfonditamente in questo articolo – entrando necessariamente in conflitto con le logiche del capitalismo digitale.

Questa scelta ha sia pro che contro. Difatti, attraverso blog, siti, pagine etc., è più semplice diffondere gratuitamente e su più larga scala le informazioni della nostra controcultura. D’altra parte, ci si scontra con un mondo che non ci appartiene dove le dinamiche di circolazione delle informazioni sono dettate puramente dal marketing. In effetti se con le fanzine cartacee ci si sbatteva in prima persona non solo nella produzione ma anche nella diffusione del materiale, che capitava a persone consapevoli e curiose ora ci troviamo a condividere articoli su una piattaforma che è preda dell’algoritmo, senza sapere se capitiamo nella home di chi ci segue o meno. Inoltre, chi segue una webzine sta forse perdendo la curiosità di andarsi a cercare le cose, è triste ma ci stiamo impigrendo a leggere solo quello che ci compare pronto, un ‘tutto e subito’ interpretato male (povero Nanni Balestrini).

Come spesso ribadiamo, questi nuovi mezzi comunicativi dobbiamo utilizzarli in maniera critica e consapevole. Dobbiamo tutti, compresi noi in prima persona, tornare a essere curiosi, cercarci le informazioni alla vecchia maniera e leggere, creare e diffondere autoproduzioni e autogestione.

Perché il problema alla fine non è tanto nel ieri vs oggi o carta vs web, ma spesso siamo noi e le nostre scelte. Siamo noi che decidiamo di non leggere oltre il titolo, siamo noi che scrolliamo inconsapevolmente le bacheche dei social, siamo noi che ci accontentiamo di contenuti plastici e privi di passione. C’è un mondo di fanzine cartacee, webzine, blog, etichette, case editrici e altro ancora che aspettano solo di essere scoperti e sostenuti.

Quindi, tornando alla domanda principale, ovvero se ha ancora senso sbattersi e portare avanti progetti come una webzine o una fanzine in questi tempi, secondo noi la risposta è assolutamente sì – e che anzi ce ne vorrebbero molti di più – infatti spetta sempre e solo a noi la scelta di cosa fare del nostro tempo e delle nostre vite.

In poche parole… PRENDITI IL TUO TEMPO, LEGGI CON CALMA E SUPPORTA IL DIY!

Reminder

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