foto per l'articolo ribellarsi nel 2021

COMPLAIN #33: riflessioni sul ribellarsi nel 2021

Ribellarsi nel 2021 seguendo consolidati schemi già falliti

(reggae music di sottofondo)

“Non ci volevo nemmeno venire!” dissi quella volta, mentre gli scemi da social incitavano alla rivolta brandendo i telefonini per farsi i selfie, aspettando la carica di alleggerimento nel balletto mediatico in cui comunque chi urla di più se ne sta in disparte. Ma se tanto mi dà tanto, ne uscirà qualcosa di buono: una foto profilo con la bandana tirata su fin sotto al naso, l’asta della bandiera appoggiata alla spalla, la gente intorno sfocata, mentre guardo altrove e mi dico “Sai, stasera quasi quasi mi mangio la cotoletta del Prix, quella da 99 centesimi! Non è male, ma l’impanatura è sempre un po’ umida.. che ci metteranno poi per farla costare così poco? “A caval donato non si guarda in bocca” dice il popolo che si beve e magna tutto”.

Stavolta la polizia s’incazza davvero, io mi dissocio.

Io lo so che tu lo sai che io lo so che svangavi la nerchia ai ragazzini che pubblicizzavano i loro primi concerti punk su Indymedia nord est, nascosto dietro lo schermo col 56k, giusto qualche anno prima di pubblicare su Facebook le foto con la cioccolata calda e il culo all’aria al mare giusto per mendicare un po’ di senso a questa vita. E ora dimmi, quando sei stato più felice? E perché la cioccolata calda era degna di nota?

Disprezzi e distruggi tutto quello che non capisci.

Scrivere ovvietà ormai è un atto rivoluzionario, soprattutto se lo fai con le parole difficili, e sai perché? Perché la gente non capisce un cazzo, persa nella merda.

E allora mi farò furbo quando arriverà il mio turno, me li sceglierò da me i miei guai.

Per il mio compleanno avrei deciso di donare una somma in denaro ad un ente benefico per gli animali, però ce li devi mettere tu. Io ci metto il nome e la faccia.

A volte mi sembra di stare in mezzo a na banda di rincoglioniti.. o forse sono io che non capisco un cazzo o che ho prospettive e pretese troppo alte. Magari sbagliate più che alte; restiamo umili.

[Quando scrivevo e mi lamentavo a 18 anni era tutto molto hardcore punk, a 33 è insofferenza e basta.]

Ciarlare per ore senza concludere niente. Passare pomeriggi e nottate a leggere centinaia di commenti sotto ai post dei quotidiani interiorizzando liquame di cui in realtà non me ne importa un cazzo. Non sto più nemmeno realmente aspettando. Già la proverbistica è negativa con l’aspettare;  stare in ammollo e farsi trascinare dagli eventi può essere visto come un valore aggiunto alla cosa? Non lo so. Non credo comunque.

Periodi brevi o perdo il filo. Comunque è una lagna a tresessanta, chi se ne frega pure.

Cantarsela e suonarsela.

“Chissà..chissà..” diceva Zed prima di ricevere una cura medievale per il culo. Poi è morto, dicono.

Che merda in realtà.

Oggi sono a casa da solo.

Credo cenerò alle 18:30.

————————————————————————————————————————

Qualche anno fa mi chiedevo cosa sarebbe successo se all’improvviso fossi scomparso, senza lasciare traccia di me. Se ne sarebbe accorto qualcuno?

Oggi lo si può fare con riattivazione automatica dopo una settimana, in tempo di pandemia, lontano dagli occhi della conferma fisica. Comincio però a pensare all’eventualità che sia il nostro io di passioni e sentire ad andarsene da noi. Ce ne accorgeremmo? L’involucro di carne, ossa e sangue darebbe la percezione della nostra presenza, ma saremmo ancora li dentro?

Leggo Burroughs, perversioni, viaggi alla ricerca di perdersi per ritrovarsi. Io che cerco? Mi coglie l’afasia mentre guardo dalla finestra uno squarcio di mondo visto mille volte.

————————————————————————————————————————

Una mattina ti svegli e scopri di essere diventato un post di condoglianze su Facebook, giusto tra un meme idiota e la foto di un piatto di spaghetti, consegnato ad una kafkiana versione dell’eternità, dove quella foto di una sera in cui non ti stavi nemmeno divertendo resterà a tua imperitura memoria. Scritte, scritti, slanci d’entusiasmo e deliri tossicomani, lì, alla mercé della pubblica tristezza, curiosità, indifferenza. L’identità virtuale appassirà non invecchiando di un giorno nel corpo etereo intanto che la carne del mondo che scorre si consuma, lasciata a se come un oggetto abbandonato ad erodersi tra le zolle di terra secca e polverosa e l’erba pungente di un campo nel calore bruciante dell’estate, disturbata e disturbante in un eterno ritorno tra le notifiche di compleanni e dell’uno/due/tre/dieci anni fa questo giorno. E poi il sito, contenitore di storie e memorie, come fu per altri, semplicemente scomparirà, dando la seconda, vera, morte: l’oblio. Nulla è meno eterno dell’eternità. Quand’è consegnata all’oblio soccombe e con essa tutto quello che contiene, anche se a volte non c’era nulla di vero al suo interno.

————————————————————————————————————————

Periodi breviii.

Riflessioni a cura di Debo

Reminder:

Radio Punk è un progetto autogestito. Puoi supportarci dando un occhio al catalogo distro con dischi, libri, spillette e altro ancora, ma puoi anche partecipare alla nostra call con un tuo contributo su qualsiasi argomento inerente al punk, alle controculture o al DIY. Seguici su Telegram per non perderti i nostri contenuti!